Alfio Giomi, da La Stampa del 26/02/13

Giomi: “L’atletica aveva
un’immagine sbagliata”

Alfio Giomi con Alessia Trost

Il presidente della federazione racconta il momento felice di molti giovani e il recupero dei campioni
«Quando Schwazer avrà scontato la squalifica sarà il benvenuto»
GIULIA ZONCA

Giomi, lei è presidente dell’atletica italiana da tre mesi e in così poco tempo l’immagine del movimento è passata dalla depressione totale a vivacità e fermento. È fortunato o aveva la pozione magica?

«Questo sport aveva una fama sbagliata, è sempre stato più ricco e vivace di quanto sembrasse. Non mancavano gli atleti, mancava la fiducia. Non è merito mio, sono il primo a dirlo, le società e gli allenatori hanno sempre lavorato bene, solo che erano abbandonati. Non è cambiata la materia prima, l’approccio sì».

 

Quindi la svolta sta nell’operazione dialogo. Parlare aiuta così tanto nello sport?

«Dovrebbe essere la norma, l’ovvio, ma i colloqui che ho avuto con tutti gli atleti del giro della nazionale hanno sorpreso i ragazzi perché erano anni che nessuno chiedeva quali fossero i problemi, gli obiettivi. Avevano bisogno di sapere che sono al centro della nostra attenzione. La motivazione sta alla base dei risultati». 

 

Cosa ha scoperto in questi incontri?

«Che abbiamo tecnici e atleti ancora più maturi di quanto pensassi. Sentono di avere delle responsabilità».

 

Quale sarà la parte più difficile del suo mandato?

«Ribadire che non c’è cultura in un Paese senza un’atletica forte. Capisco che sia un messaggio difficile che magari sbatte contro la leggerezza con cui viene visto di solito lo sport, però l’atletica deve diventare una parola ricorrente anche tra chi governa. Siamo importanti».

 

I risultati dei giovani hanno dato nuove aspettative ma la foto di Schwazer che piange dopo aver ammesso di essersi dopato ha avuto conseguenze pesanti. Come affronta questa eredità?

«Schwazer non va colpevolizzato oltre il dovuto. Pagherà con una squalifica pesante, lo sport ha il grande merito di punire chi bara, a differenza di altre realtà, ma dobbiamo avere il coraggio di ammettere che Alex è insieme colpevole e vittima di un sistema che lo ha macinato. Lui non si è saputo gestire lo stress ed è arrivato a una risposta completamente sbagliata ma è stato anche lasciato solo». 

 

Crede davvero che il marciatore abbia fatto tutto in autonomia?

«Non voglio escludere nulla. La sua ricostruzione ha molte ombre e ci penserà la giustizia a chiarire la situazione». 

 

Teme che possa averlo aiutato qualcuno dentro il mondo dell’atletica?

«Questo mondo ha le sue responsabilità, non l’ha capito, non ha visto i segnali d’allarme però non credo che qualcuno dell’ambiente gli abbia spiegato come procurarsi le sostanze dopanti, penso ad altre figure, ma non ho elementi quindi mi tengo i dubbi e aspetto. Di certo posso dire che una volta scontata la pena Schwazer sarà ben accetto». 

 

Non è per la squalifica a vita?

«No, tutti hanno diritto agli errori. L’ho sentito dire, “non so se sarò ben accetto”. Invece lo sarà». 

 

Cosa si aspetta dagli Europei di Goteborg che stanno per iniziare?

«Una squadra frizzante. Capace di sorprese». 

 

Ha aperto le convocazioni anche a chi ha vinto il titolo italiano, non ha paura di abbassare troppo il limite?

«Siamo stati particolarmente elastici perché questa competizione ce lo permette, è l’Europa, i livelli sono diversi da quelli mondiali, si può ancora sperimentare e concedere a qualcuno di fare esperienza. In generale però credo che non si possa chiedere agli atleti di mantenere l’apice della forma troppo a lungo. Una volta ottenuto il minimo richiesto per le competizioni si deve essere sicuri di avere la convocazione».

 

Ha incontrato anche campioni che hanno avuto qualche problema con la federazione di recente, come Andrew Howe e Antonietta Di Martino. Come va con loro?

«Stiamo lavorando insieme perché possano tornare al top. Senza mettere fretta. Il giorno in cui Alessia Trost ha saltato i due metri ho chiamato subito Antonietta per farle sapere che noi la consideriamo sempre la nostra punta nella specialità». 

 

Coccole, va bene, ma sono davvero atleti difficili da gestire o no?

«Ogni campione è difficile da gestire perché deve reggere la tensione, ha un’immagine da difendere e tante necessità legittime. Io preferisco avere tanti campioni. Non sono problematici però hanno bisogno di più attenzione, di tempo dedicato a loro».

 

Ancora prima di essere eletto ha promesso un solo mandato, perché?

«Perché adesso c’è bisogno di portare entusiasmo, di dare una mano per coinvolgere, ma è una fase di transizione. Il mio consiglio ha un’età media di 45 anni, sono tutte persone capaci che presto prenderanno in mano la federazione. È giusto che ci sia un ricambio».

 

Lei è già stato vicepresidente. C’è qualche errore del passato che ora è sicuro di non rifare?

«Non penserò di avere sempre ragione perché sono il capo. Bisogna ascoltare. Allora ero convinto che contasse di più essere decisi, ma il presidente è il primo che può sbagliare e se succede è quello che sbaglia di più quindi bisogna lasciarsi aperta la possibilità di cambiare rotta».